A un certo punto è giusto che ciascuno prenda la propria strada. Questa canzone parla di una separazione necessaria.
Me lo ricordo molto bene. Avevo appena raggiunto la maggiore età (allora a 21 anni). Il piano era perfetto: avevo appena dato un altro esame alla facoltà di medicina e, con la complicità dei miei amici, avevo riempito un enorme zaino dell’aeronautica comprato al mercatino americano.
Dissi ai miei che sarei stato via qualche giorno. Non sono mai più tornato.
Per me era naturale andare via, anzi obbligatorio all’alba degli anni settanta. Il movimento studentesco era in pieno fermento e prometteva nuovi possibili orizzonti, ed inoltre una ragazza mi aspettava altrove.
È stata una scelta fondamentale per la mia vita, ma i miei non hanno mai compreso e tanto meno condiviso né la forma né le motivazioni di questo abbandono. Purtroppo allora ritenevo di non avere alternative alla fuga.
Oggi mi dico che ho fatto bene, ma in tutti questi anni ho portato addosso un pesante senso di colpa come una cicatrice nascosta.
Ecco perché ero pronto a subire la stessa sorte, lo stesso dolore, magari appena affievolito da una maggiore consapevolezza.
Così non è stato. La strada dell’indipendenza di mia figlia non ha prodotto sofferenza, ma solo una più forte coscienza del mio amore per lei e la certezza che la sua felicità è anche la mia felicità.
Sono stato fortunato.