La volpe – Ivano Fossati
Già nell’introduzione strumentale Fossati ci accompagna in un ambiente sonoro altro da noi e dai nostri sapori timbrici. L’andamento melodico di questo brano, pubblicato nell’album “La pianta del tè” del 1988, è cantilenante e ricorrente, semplice come la sua armonizzazione. Il testo è fortemente ripetitivo e si modella in modo quasi responsoriale. Testo e musica usano un linguaggio basico, per esprimere sensazioni primordiali. La vocalità chiara e liquida di Teresa De Sio si aggiunge come a cantare una nenia. La canzone potrebbe essere ascoltata con piacere e compresa anche da un pubblico infantile.
Ma, come avviene in poesia, i riferimenti possono essere letti a più livelli di senso.
E’ Fossati stesso che chiarisce, in un’intervista: “… La volpe è una canzone scritta su ciò che è incognito, su quello che può farci paura o invece può suscitare la nostra attesa, su quello che non sappiamo. Il punto di vista di chi sta fermo cambia molto. E’ un punto di vista più fragile, emotivamente più a rischio. E’ molto più facile interpretare la parte di chi arriva piuttosto che di chi aspetta. Chi aspetta si pone molte domande. La volpe è proprio questo, sta arrivando qualche cosa, che è un ombra, ma può essere un’ombra buona, una bella sorpresa, che dal fondo del viale della tua casa si manifesterà… Racconto il silenzio dell’attesa. La sospensione che precede uno stupore di qualche tipo.”
L’attesa è parente del desiderio o della paura, ma è sempre segno di un atteggiamento rivolto verso l’esterno di noi, vigile e vitale. L’attesa ci proietta in dimensioni possibili, in universi immaginabili e per questo potenzialmente concreti. E’ insita nel ritmo pulsante della nostra vita. Senza l’attesa di un incontro, di un cambiamento, di una conferma c’è l’abbandono alla routine, c’è in definitiva il lasciarsi trasportare dalla corrente. Più o meno come succede quando l’attesa decade in attendismo.
“Molti conoscono la storia di quell’uomo a cavallo che corre a tutta velocità, come per andare a fare cose molto importanti. Un’altra persona, sul ciglio della strada, lo vede e gli grida: “Dove stai andando?”. L’uomo sul cavallo si gira e risponde: “Non Io so, chiedilo al cavallo”. Questa non è la storia di quella persona soltanto, è la storia di ognuno di noi, siamo tutti cavalieri che non riescono a fermare il cavallo e non sanno dove stanno andando: è il cavallo che decide.
In ciascuno di noi c’è un cavallo che corrisponde alla forza dell’abitudine.“ (cito da “Il piccolo libro della Consapevolezza” di Thich Nhat Hanh, il mio maestro, il mio Thay)