Alcune riflessioni che prendono spunto dal “Canto di me stesso” di Walt Whitman nel suo “Foglie d’erba”, che suggerisco a mia figlia.
Il poema di Whitman rappresenta un universo, una sorta di paradiso perduto dal quale noi siamo stati cacciati, o meglio dal quale ci siamo (involontariamente?) allontanati. E ora, anche volendo, non ritroviamo più la strada.
È esaltazione del presente, è immedesimazione nel momento preciso che si sta vivendo.
E allora ora, proprio adesso, è il momento di scegliere, di cominciare qualcosa di nuovo, di avviare un progetto di vita, ma anche di sentire con tutto se stesso la forza di essere vivi. Non c’è stato mai un momento migliore per farlo, né ci sarà in futuro.
Ma in realtà il tempo non esiste. Gioventù e vecchiaia sono concetti falsi, da dimenticare. Non devono diventare alibi per la non azione, perché comunque solo in questo momento possiamo dire di essere al massimo delle nostre possibilità, della nostra perfezione. Conseguentemente il nostro piacere e la nostra sofferenza sono solo quelli che possiamo provare ora.
Il resto è solo ricordo o promessa, non può darci il brivido dei sensi e non brucia sulla pelle.
La mia canzone, ispirata dai suoi versi, è dedicata a mia figlia e vuole essere una sorta di decalogo, una guida per le sue scelte.